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 La riduzione dei salari, le disuguaglianze e le scelte elettorali

27.01.2022

DAL BLOG ARTURO GULINELLI. Da molti anni si riflette sulla diminuzione della quota dei redditi di lavoro sul reddito nazionale, cioè sulla parte del valore aggiunto lordo che va ai lavoratori sotto forma di salari (molti di questi studi sono pubblicizzati dall'ILO nei suoi report). L'indice in questione rappresenta plasticamente i diversi effetti distributivi che la globalizzazione e la tecnologia hanno in termine di rendimenti differenziali sui due fattori di produzione: il capitale e il lavoro.

Più precisamente la diminuzione della quota lavoro del reddito riflette una variazione nella distribuzione dei redditi tra i capitalisti, e top-manager, da una parte e i lavoratori dall'altra. La riduzione della quota di reddito ai lavoratori fa sì che questi non ricevono una parte equa dei benefici della crescita del reddito o al contrario, soprattutto nei paesi con produttività stagnante, che stanno sopportando un maggiore peso dovuto al calo della produzione o della produttività.

Molti studi internazionali confermano che la quota del reddito da lavoro è diminuita ovunque negli ultimi decenni, e soprattutto nei paesi sviluppati. In qualche modo questa diminuzione rappresenta un sconfitta delle politiche fiscali e di protezione sociale che sono state attivate per garantire una maggiore uguaglianza.

Altri studi dimostrano che la tecnologia e la crescita del commercio internazionale hanno aumentato i rendimenti del capitale e questo può essere spiegato, come ci ricorda l'ILO, anche in funzione dei seguenti fattori:

- l'endogeneità della tecnologia comporta uno spostamento delle strutture produttive verso processi che usano più intensivamente il capitale (grazie all'automazione e all'informatizzazione) e questo genera una maggiore cattura del valore aggiunto da parte dei capitalisti, rispetto alla quota che va ai lavoratori che perdono lavoro nelle attività di routine;

- in particolare nei paesi sviluppati la maggiore mobilità del capitale ha cambiato il rapporto e il potere contrattuale tra capitale e lavoro, a discapito di quest'ultimo. La rimozione delle barriere al commercio ha permesso alle imprese di poter trasferire le proprie attività in paesi con manodopera a basso costo. Questo ha generato una maggiore elasticità del lavoro al prezzo e quindi una contrazione del potere contrattuale dei sindacati e una riduzione dei salari;

- asimmetrie di potere contrattuale tra le imprese multinazionali e i loro fornitori; lo sviluppo di reti di produzione globali, insieme alla limitata capacità dei governi locali di monitorare e far rispettare i diritti dei lavoratori e condizioni dignitose di lavoro, ha fatto ridurre i salari nei paesi in cui il potere contrattuale dei lavoratori è basso.

Come anticipato molti economisti concordano che negli ultimi anni vi è stato uno spostamento considerevole nella proporzione di reddito, che è andata dal lavoro al capitale e il progresso tecnologico è uno dei motivi principali.

Anche gli economisti che ritengono che l'automazione dei processi può portare ad un aumento della produttività con un corrispondente aumento dei salari, sono concordi nel ritenere che l'aumento della produttività è sovente superiore all'aumento dei salari e che quindi la quota di reddito che va al capitale è superiore, aumentando la disuguaglianza distributiva.

I documenti dell'ILO ribadiscono che anche nel contesto delle catene di approvvigionamento globali eventuali impatti positivi sulla produttività del lavoro, derivanti proprio dalla partecipazione a una catena di fornitura globale, si verificano senza che vi sia un corrispondente incremento dei salari e questo è stato collegato a una quota dei salari in calo sia nelle economie sviluppate che in quelle emergenti.

Un documento interessante - Shrinking and shouting: the political revolt of the declining middle in times of employment polarization di Thomas Kurer e Bruno Palier, published 28/3/2019 - collega l'aumento della disuguaglianza o meglio la riduzione dei salari, associata alla tecnologia che ha colpito i settori esposti ai cambiamenti di processo nei paesi avanzati, alle preferenze politiche per i partiti della destra.

Gli autori ricordano che l'automazione e la digitalizzazione rimodellano radicalmente la struttura occupazionale delle società postindustriali e che questo sta comportando che la quota di lavori di routine si riduce costantemente.

Secondo i due economisti la letteratura esistente sulle scienze politiche non ha collegato le implicazioni distributive del cambiamento tecnologico con le vicende e le preferenze politiche "contemporanee" (Brexit, crescita delle preferenze per le destre in Europa e negli USA).

Il documento nelle premesse è abbastanza chiaro e sostiene che "Il fatto che gli svantaggi siano fortemente concentrati tra gli operai e gli impiegati di routine della classe medio-bassa è di cruciale importanza. I lavoratori di routine sono un gruppo numeroso e di rilevanza elettorale con tutti i mezzi necessari per la partecipazione politica. Prospettive sempre più cupe nei mercati del lavoro di domani creano una domanda di protezione sociale, culturale ed economica. I partiti socialmente conservatori in generale e i partiti populisti di destra hanno riconosciuto il potenziale elettorale dei lavoratori abituali disamorati. Concludiamo che una classe medio-bassa non più protetta dai capricci della modernizzazione economica è un potenziale punto di svolta elettorale".

Anche le conclusioni del paper sono interessanti. Gli autori ci ricordano che: "gli sconvolgimenti politici che osserviamo attualmente in tutto il mondo sono una probabile espressione dei timori che ruotano attorno all'automazione del posto di lavoro e alla modernizzazione economica. Contrariamente a quanto ci si poteva aspettare, il pendolo non è tornato indietro a sinistra. Invece, le promesse dei partiti di destra di far tornare indietro l'orologio sembrano toccare la corda della paura di regressione sociale che preoccupa i lavoratori di routine. Più della sinistra tradizionale e in effetti più di ogni altro partito, gli attori politici radicati nei partiti (o movimenti) di destra sfidanti hanno riconosciuto la rilevanza politica di una classe medio-bassa disamorata. Riconoscono e affrontano esplicitamente le ansie diffuse tra la parte centrale in contrazione e quindi ottengono il loro sostegno, nonostante la virtuale assenza di rimedi politici concreti."

Quest'ultima affermazione è piuttosto preoccupante. I partiti, di qualunque parte politica, dovrebbero analizzare e comprendere a fondo i cambiamenti che le società avanzate stanno sperimentando, avendo cura di mitigare i processi che portano alla contrazione della quota dei salari sulla distribuzione del valore aggiunto, offrendo risposte politiche valide e che siano in grado di ridurre le disuguaglianze.